venerdì 12 settembre 2014

.La Morte a Venezia.

Ho sempre voluto leggere un'opera di Thomas Mann, la scelta cadde su La montagna incantata, ma l'altezza del volume mi scoraggiò un po', insieme anche alla paura che forse Mann non mi sarebbe piaciuto. Un mese fa però, mentre curiosavo fra i vecchi libri di casa, ho scoperto La morte a Venezia, trovando così finalmente un perfetto inizio.


Titolo: La morte a Venezia  
Titolo originale: Der Tod in Venedig
Autore: Thomas Mann
Prima pubblicazione: 1912
Prima pubblicazione (Italia): 1954


Trama: Una Venezia estiva ammorbata da una peste incombente ospita l'inquieto Gustav Aschenbach, famoso scrittore tedesco che ha costruito vita e opera sulla più ostinata fedeltà ai canoni classici dell'etica e dell'estetica. Un sottile impulso lo scuote nel momento in cui compare sulla spiaggia del Lido la spietata bellezza di Tadzio, un ragazzo polacco. Un unico gioco di sguardi, la vergogna della propria decrepitezza, la scelta di imbellettarsi per nasconderla, sono i passi che scandiscono la vicenda. In pieno Novecento, Thomas Mann ha colto e rappresentato la grande cultura borghese in via di dissoluzione, in un'opera emblematica che fonde la perfezione formale con la rappresentazione degli aspetti patologici di quella crisi. 
Il titolo può far pensare da un giallo, ma l'opera non si avvicina minimamente a questo genere, il racconto parla di un viaggio a Venezia visto con gli occhi di un artista, ma non sarà la città galleggiante l'oggetto della sua attenzione.
Il nostro protagonista inizialmente è scoraggiato alla vista di una Venezia nebbiosa, lo rende ancora più malinconico e malato, tanto che è quasi deciso a ripartire, sarà però la contemplazione della bellezza a rendere sublime la vacanza, una contemplazione fatta di piccoli sguardi, che col passare del tempo diventano più intensi e frequenti; l'interlocutore di Gustav è Tadzio.
La contemplazione presto si trasforma in amore e in impulsi omosessuali. Ma rimarrà sempre un amore solo fatto di sguardi, non ci saranno scambi di parole fra i due ed il tutto sarà molto pudico, niente allusioni, solo il sogno dionisiaco di Aschenbach rivela queste pulsioni.
Devo però ammettere che inizialmente la lettura l'ho travata molto difficile, ma poi per fortuna si è rivelata molto piacevole. Sono rimasta affascinata dalla capacità di Mann di far entrare un lettore nella scena, vengono narrati tanti piccoli fotogrammi, quasi come fosse un regista, per farti entrare nello scenario, nell'ambiente in cui si svolge la narrazione. Mi sono ritrovata catapultata sulla spiaggia del Lido dove anche io potevo vedere ciò che circonda il protagonista: la foschia, i bambini che giocano, i sorrisi e le smorfie dei bagnanti, in sostanza, ero lì con lui.

Curiosità: Dall'opera di Mann è stato realizzato un film, Morte a Venezia, per la regia di Luchino Visconti del 1971, dove, a differenza del soggetto originario, viene resa esplicita la tematica omosessuale.
Vi è stato fatto anche un melodramma del 1973, Morte a Venezia dal compositore Benjamin Britten.

.Nika.
 


venerdì 25 luglio 2014

Blog in Vacanza

Le normali attività del blog e altre novità riprenderanno da Settembre.
Buona Vacanze a tutti.

sabato 7 giugno 2014

.The China Study.

Questa settimana niente romanzi da parte mia. Ho deciso di condividere invece un interessante manuale legato al mondo dell'alimentazione, il capolavoro di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell: The China Study.


Titolo: The China Study  
Titolo originale: The China Study
Autore: T. C. Campbell & T. M. Campbell.
Prima pubblicazione: 2005
Prima pubblicazione (Italia):  2011
Editore: Macro Edizioni 
 
Trama: Il famoso scenziato americano T. Colin Campbell assieme al figlio Thomas M. Campbell studiano la relazione tra dieta e malattia, giungendo a conclusioni veramente sorprendenti. Finalmente alcune delle tesi fondamentali da sempre sostenute dalla medicina naturale sono verificate e testate. Il più importante studio epidemiologico mai realizzato, durato 27 anni e realizzato in collaborazione con varie università. Una ricerca approfondita, non una semplice teoria, le cui conclusioni se applicate salverebbero la vita a milioni di persone.
 
"Noi siamo quello che mangiamo."
Vi suonano nuove queste parole? Certamente no, essendo un vademecum anche troppo conosciuto.
Ma dopo aver letto questo libro, non mi è sembrata più una frase tanto paradossale.
Per motivi familiari e non, mi sono spesso scontrata con questa tematica. Vengo da una famiglia in cui la buona cucina è un elemento imprenscendibile e sinonimo di cultura generale. Nonostante ciò, la parola dieta non mi ha mai toccato particolarmente e non ho mai sentito il bisogno di provarla su me stessa. Tutto questo è sicuramente dovuto anche al buon senso di mia madre, la quale ha sempre preferito cibi sani e genuini per tutti noi. In 23 anni di vita posso assicurare di aver seguito la "dieta" più variegata e completa possibile. Mi è stato insegnato ad apprezzare ogni sapore. Chiudendo questa piccola parentesi personale verrà allora da chiedersi, perché leggere un libro simile?
Io sono un essere prettamente carnivoro. Amo la carne, dal profondo del mio sanguinolento cuore. E lo stesso vale per tutto ciò che rientra nella categoria di carboidrato. Mentre fino a qualche anno fa riuscivo a regolarmi, tra lo stress e l'università il mio appetito è aumentato vistosamente, e con lui i miei peccati di gola. Così mio fratello, premuroso come al solito, mi ha fatto leggere questo libro come incentivo per una dieta più sana.
E ha funzionato.
Sintetizzarne il contenuto è alquanto improduttivo, dato che ogni capitolo spiega in modo semplice e approfondito quali siano gli elementi più idonei per il nostro organismo, dopotutto è un trattato di nutrizione. Quindi come ogni trattato o saggio, per poter essere istruttivo va letto attentamente. Ma perché alla fine, perché leggere proprio questo libro invece di altri?
Vi siete mai fermati un attimo a pensare a quanti libri legati all'alimentazione esistano oggi?
Quanti sulle diete?
Certamente dietro ci sono due grandi fattori, la moda e il business, ma fate caso ad una cosa: non viene mai fatto riferimento a brevetti legati agli studi condotti.
Questo perché solitamente di studi e ricerche non se ne fanno proprio.
Colin Campbell invece dedica la prima parte del libro nella spiegazione di tutti i suoi studi e alle motivazioni che lo hanno portato alla creazione di the China Study. Non omette, si svela completamente. Mette la faccia in quello che dice. The China Study è, difatti, il nome di un grandissimo progetto di ricerca nutrizionale sostenuto da ventisette università americane in alcuni paesi asiatici. Un progetto non ancora interrotto che ha ricevuto notevoli riconoscimenti internazionali.
Un progetto vincente a mio parere.
Personalmente trovo che sia una lettura veramente illuminante, anche solo per scoprire come siamo fatti veramente dentro. Cercare di condurre una vita più sana è importante non tanto per entrare nella utopica taglia 38, ma anche per imparare ad accettare il nostro corpo nelle sue migliori possibilità.

Bòn Appetìt
 

venerdì 23 maggio 2014

.I Menecmi.

Salve a tutti ! Questa settimana, rimanendo fedele ai classici, ho viaggiato nel tempo e ho ripescato una delle prime commedie mai scritte, risale infatti al III° secolo A.C., sto parlando de I Menecmi di Plauto.


Titolo: I Menecmi   
Titolo originale: Menaechmi
Autore: Plauto
Prima pubblicazione: fine III secolo

Trama: La commedia è suddivisa in 5, anticipati da un prologo recitato da Spazzola, servo di Menecmo I, il quale espone al pubblico "tutti i particolari della faccenda", ovvero tutte le vicende da conoscere prima di addentrarsi nella commedia. 
 
Prologo: Si tratta della storia di due gemelli. Quando erano fanciulli il loro padre, un mercante di Siracusa, decise di portare con sé uno dei due al mercato di Taranto e il bambino, nella ressa, si smarrì. Venne immediatamente trovato da un tale originario di Epidamno che lo adottò come figlio legittimo. Il padre del bambino smarrito si ammalò e morì in pochi giorni per il dolore. Fu così che il nonno decise di dare all'altro gemello il nome del bambino disperso: Menecmo. Menecmo II una volta diventato adulto intraprende incessanti ricerche per trovare il fratello, finché non giunge a Epidamno con il servo Messenione.

Atto I: Il primo atto si apre con la presentazione di Spazzola agli spettatori che dopo aver atteso impazientemente la venuta del suo padrone Menecmo I, si recano pieni di entusiasmo a casa dell'affascinante cortigiana Erozia, che li attende benevolmente. Menecmo I approfitta volentieri della sua compagnia e cede ad Erozia un pregiato mantello, sottratto in precedenza alla moglie. In attesa del pranzo imbandito dalla cortigiana, Menecmo I, seguito dal parassita, si reca nel foro a sbrigare una faccenda. Nello stesso tempo Erozia dà disposizioni al suo cuoco, Cilindro, inviandolo al mercato.


Atto II: Terminate le spese al foro, Cilindro incontra Menecmo II, appena sceso dalla nave alla ricerca del fratello e, naturalmente, lo scambia per Menecmo I. Lo straniero rimane sconcertato e chiede spiegazioni al suo schiavo Messenione, il quale lo mette in avviso: "Epidamno, città dei truffatori da cui nessuno esce senza danno". Pensano dunque, che si tratti del raggiro di qualche cortigiana che manda i suoi servi al porto. Ma ecco che appare Erozia e vede Menecmo II, davanti alla sua casa. Lo invita così a entrare scambiandolo per il suo amante, tornato in anticipo dal foro. Menecmo II, inizialmente riluttante, accetta l'invito della donna, mentre il suo servo si dirige alla locanda.


Atto III: Menecmo II esce, soddisfatto, dalla casa di Erozia. Spazzola, intanto, tornato dal foro, credendo di vedere il suo padrone, si arrabbia accanitamente con lui, accusandolo di essere stato defraudato ed escluso. Per vendicarsi, Spazzola decide di svelare tutte le malefatte del marito alla moglie. Contemporaneamente, si presenta sulla scena un’ancella di Erozia che pretende un regalo per sé. Menecmo II non bada a questi e, dopo averli trattati malamente, si allontana.


Atto IV: Una volta messa al corrente delle azioni spregevoli del marito, la moglie di Menecmo, derubata e offesa, caccia fuori di casa Menecmo I finché non le riporterà il mantello. Quest'ultimo decide di trovare alloggio a casa di Erozia, ma anche costei lo caccia infelicemente quando Menecmo le chiede la restituzione del mantello, ormai nelle mani del gemello dopo essere stato oggetto di mille peripezie, insieme con un braccialetto.


Atto V: Menecmo II viene rimproverato dalla moglie, che chiede immediatamente soccorso al padre. Il vecchio, che inizialmente dava ragione al marito, prende le difese dalla figlia una volta che Menecmo II persiste a negare di essere il marito di sua figlia. Dunque viene fatto chiamare un medico e Menecmo II scappa, fingendosi pazzo. Arriva Menecmo I il quale, non comprendendo l’avvenuto, viene portato via da medici e infermieri. Messenione vede catturare colui che crede suo padrone e lo soccorre prontamente, ottenendo in cambio la liberazione. Il servo incontra poi Menecmo II che lo rimprovera per non essersi presentato e nega, pertanto, di averlo affrancato. È a questo punto che Messenione capisce di aver incontrato il fratello gemello e riesce così a svelare il mistero. I due gemelli, riescono finalmente a ricongiungersi e Messenione viene affrancato. Menecmo I, prima di tornare a Siracusa, decide di mettere all’asta tutti i suoi beni, compresa la moglie.

[Fonte: Wikipedia]


Cosa trarre da quest’opera che segna la nascita della commedia latina?
A mio avviso che la risata è un ottimo strumento per far passare del tempo in modo intelligente e allontanare momentaneamente lo spettatore dai problemi e le ansie che lo assalgono costantemente durante il giorno, un giusto modo per svagarsi! Considerando che all’epoca non esistevano le distrazioni di oggi trovo che Plauto con equivoci di vario genere riesca a tenere lo spettatore incollato alla sedia. Secondo me il momento più esilarante del libro è quando Spazzola sentendosi tradito da colui che crede essere il suo padrone, ma che in realtà è il suo ignaro gemello, per vendicarsi racconta alla moglie di tutte le corna che le sono state fatte, ottimo mezzo di vendetta.
Effettivamente, dal punto di vista formale, ai nostri occhi moderni può sembrare una storiella fatta e messa lì, data la sua semplicità, ma credo che anche un lettore o uno spettatore moderno, essendo appunto questa una commedia, può immedesimarsi nella storia.
Per il resto non c’è molto da dire, è una commedia e si commenta da sola.

.Viki.

venerdì 16 maggio 2014

.Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Lasciate da parte la logica e il rigore del mondo in cui viviamo, per calarvi in quello fantastico nato dalla mente di Charles Lutwidge Dodgson, meglio noto come Lewis Carroll, attraverso Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie.




Titolo: Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie    
Titolo originale: Alice’s adventures in Wonderland
Autore: Lewis Carroll
Prima pubblicazione: 1865
Prima pubblicazione (Italia): 1872
Trama: Alice era profondamente annoiata mentre la sorella leggeva un libro accanto a lei, fu allora che vide passare accanto a sé un Coniglio Bianco; da allora nulla sarebbe più stato normale, sarebbe stato l’inizio di un viaggio, un viaggio nel Paese delle Meraviglie.
Il coniglio che Alice aveva visto non era un coniglio qualunque, in quanto borbottava fra sé ed indossava un panciotto da cui levò un orologio da taschino. Alice ormai sovrastata dalla noia decise di inseguirlo, raggiungendolo fino ad una tana, dove però cadde, precipitando così in un profondo pozzo. Alla fine del quale si ritrovò in una stanza piena di piccole porte e grazie ad una serie di stratagemmi inizia a ingrandirsi ed a rimpicciolirsi varie volte per raggiungere la chiave che le farà aprire una delle porte. Ma purtroppo Alice farà male i calcoli, crescendo così a dismisura, dalla tristezza inizierà un pianto che allagherà l’intera stanza; in questo mare di lacrime incontrerà i primi abitanti di questo strano mondo sotterraneo.
Inizierà così una serie di conoscenze bizzarre, fra cui il Coniglio Bianco (già visto), il Brucaliffo, la duchessa e in fine la Lepre Marzolina e il Cappellaio Matto.
Dopo questi incontri Alice troverà la strada che la condurrà al castello della Regina, una donna aggressiva e sempre infuriata, la quale inviterà la bambina a giocare a croquet, ma non sarà un croquet ordinario, qui si useranno i fenicotteri come mazze, gli istrici come palle e le carte come porte.
Alice dovrà persino assistere ad un processo, dove lei farà da testimone. Nel processo sarà giudicato il Fante di Cuori, che era stato accusato di aver rubato le tartine pepate. Quando Alice verrà chiamata, ella dissentirà dall’accusa, cominciando però a diventare sempre più grande, fino a raggiungere la giusta altezza ("Aveva cambiato così tante volte altezza che oramai non si sapeva più quale fosse quella corretta."); infine senza più timori dirà “che m’importa di voi? Non siete altro che un mazzo di carte!”, così tutto il mazzo si solleverà per aria andandole addosso. Terminerà così la sua avventura, perché Alice si sveglierà e scoprirà che tutto non era stato altro che un sogno.

Già a noi sembra tutto eccentrico questo Paese esplorato, pensate quanto lo doveva essere allora per una bambina vittoriana, cresciuta nelle rigidità di una società piena di regole, che si vede improvvisamente capovolgere tutto, non ci sono più leggi e regole in questo mondo, vi regna solo l’anarchia.
Forse a pensarci bene questo può anche essere l’unico luogo dove una bambina bloccata in rigidi schemi si può liberare, dove dare spazio alla sua fantasia senza più essere giudicata, perché in fondo si tratta pur sempre del suo sogno, e come tutti sappiamo nei sogni non ci sono limiti, niente barriere o proibizioni.
La parte più affascinate del libro, a mio avviso, è l’uso della lingua che ne fa Carroll; la lingua per lui diventa un gioco su cui sviluppare dialoghi surreali, nascono così brillanti giochi di parole purtroppo andati persi durante la traduzione.
Per me è stato come calarsi nella mente di un bambino, o di una bambina in questo caso, dove tutto diventa surreale, un sogno per l’appunto. A volte ripensando all’infanzia, non si riesce più a ricordare cosa sia stato vero e cosa no, cosa ha creato la mia mente di bambina e cosa invece fosse reale; è stato semplicemente un sogno quello di Alice? Forse è solo una mia idea, ma mi piace pensare che si possa far entrare un po’ di fantasia nel mondo reale.
Penso che a questo punto sia ovvio il fatto che ho trovato il libro molto bello, unico vero peccato, ribadisco, per la traduzione, non potrà mai competere con l’originale, consiglio dunque vivamente questa lettura perché in fondo siamo tutti un po’ Alice. O forse è lei che è come noi? L'avventura della bambina nel Paese delle Meraviglie è un viaggio che tutti noi, chi più chi meno, abbiamo fatto e che proprio per questo merita di essere letto.

Curiosità: Tra le trasposizioni cinematografiche ricordo solo le più famose:
il classico Disney, "Alice nel paese delle Meraviglie" (1951) e il più recente film diretto da Tim Burton "Alice in Wonderland" (2010).
Il primo unisce i due libri di Carroll sulle avventure di Alice, quindi prende spunto sia da Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, sia dal suo seguito Al di là dello Specchio, unendo effettivamente i fatti ma non narrandoli nel giusto ordine. Il secondo vuole essere un ideale seguito dei due romanzi, di conseguenza ritroviamo solo i personaggi e non i fatti trattati.

.Nika.


giovedì 8 maggio 2014

.Il meraviglioso Mago di Oz.

Io continuo imperterrito sul filone delle storie per bambini. Sì, mi piacciono e poi credo che portino con sé molto di più di quello che crediamo, ovvero una morale indiretta che passa attraverso la lettura.
Volevo proporvi  “Il Meraviglioso mago di OZ”, classico di ogni età, sempre interessante e moderno.


Titolo: Il meraviglioso Mago di Oz
Titolo originale: The Wonderful Wizard of Oz
Autore: Lyman Frank Baum  
Prima pubblicazione: 1900

Trama: La piccola Dorothy, rimasta orfana, va a vivere nella casa degli zii che abitano in una casetta nel Kansas. Non è allegra, per la bambina, la compagnia degli zii perché il lavoro e l’isolamento li hanno resi incapaci di ridere mentre Dorothy è di temperamento vivace e gioioso. Ad interrompere la monotonia di queste giornate sopraggiunge uno dei tanti cicloni che imperversano nella regione. Il ciclone la solleva con tutta la casa, deponendola in un luogo misterioso: il fantastico regno di Oz, dove incontra uno spaventapasseri, un omino di stagno e un leone codardo. Insieme si mettono alla ricerca del Mago di Oz, l’unico che potrà indicare a Dorothy la via per il ritorno a casa e dare ai suoi amici quello che desiderano.

La storia è molto semplice, la bambina si è persa, si incammina verso il Mago, trova degli amici, insieme vincono delle difficoltà, e tutti sono felici e Dorothy se ne va a casa. Semplice, no? Tuttavia, leggendo questo libro mi sono posto varie domande che mi hanno fatto riflettere. Analizziamo insieme il testo:
1) Nella storia troviamo uno Spaventapasseri che vorrebbe chiedere al Mago niente più che un cervello, in fondo tutti ne hanno uno. Lui vorrebbe essere uguale agli altri. Qui mi sorge un pensiero: a che serve un cervello se vuoi essere uguale agli altri? Per quello basta avere in zucca un po’ di paglia niente di più. 
Al mio ritorno sarò uguale a tutti gli altri uomini.” dice lo Spaventapassi… 
A me sei sempre andato bene così come sei.” lo incalza la bambina. 
Lo Spaventapasseri le piaceva perché era unico, dotato di molti talenti dovuti al suo essere così, di paglia. Quando fu creato, un vecchio corvo disse al fantoccio “Se soltanto avessi un po’ di cervello saresti un uomo buono come molti altri […] il cervello è l’unica cosa che valga la pena avere in questo mondo, non importa che uno sia uomo o corvo”.
L’uomo di paglia non vuole sentirsi stupido, ma non si accorge del suo genio, che in molte occasioni salva Dorothy e i suoi amici.

2) Nella sua ricerca Dorothy trova un Uomo di latta, che vorrebbe chiedere al Mago un cuore. Nasce un bellissimo dialogo tra quest’ultimo e lo Spaventapasseri. 
[…]a questo mondo, il cervello non è la cosa più importante.” Dice l’Uomo di latta  “Una volta pure io l’avevo e persino un cuore; quindi, avendo provato l’uno e l’altro preferisco di gran lunga avere un cuore.
Quando uno è innamorato è un uomo felice, senza cuore non si può essere felici, ma uno stupido non saprebbe cosa farsene di un cuore, il cervello non basta a rendere felice una persona, ma non è forse vero che quando uno è innamorato perde completamente il cervello? Quindi?  
Nessuno dei due convince l’altro e rimangono convinti delle proprie idee.
Come lo Spaventapasseri, l’Uomo di latta, non si rende conto che nella sua convinzione di essere un robot senza cuore, tratta con gentilezza ogni creatura, perché ha paura di farle male o di ferirla. Lui non avendo cuore non sa come si potrebbero sentire. Ma non è forse questa la caratteristica di un cuore? L’avere cura di chi nel tuo cuore riesce ad entrare.

3) Andando avanti troviamo un Leone, non un re della foresta, ma un vigliacco. Grande, maestoso, cuor di pecora, è impaziente di chiedere al Mago del coraggio, ma se fosse per lui non sarebbe mai arrivato alla sua dimora, visto che non “ha il coraggio d’andare avanti così, senza mai arrivare in qualche posto”. 
Come le altre figure, anche il leone scoprirà il coraggio che tanto bramava.

Cervello. Cuore. Coraggio. Sono questi l’ingredienti per fare un Uomo e una Donna. Indispensabili, inutili se separati. Ingredienti universali di ogni uomo, che nessun mago può dare, poiché si trovano dentro di noi. Non importa maledirsi perché non siamo coraggiosi, o pensiamo di essere stupidi, siamo molto di più di quello che gli altri ci dicono. Siamo in grado di uccidere una perfida Strega dell’Ovest. Sembra incredibile come non ci si possa accorgere di possedere un cuore, un cervello e del coraggio, quando in mille avventure questi emergono fuori e ci rendono possibili ogni impresa. Sembra una follia, ma succede ogni volta.
Il mondo di Oz, è forse il sogno di una bambina annoiata? È forse il mondo che compone il mistero di ogni persona? Tuttavia, sono sicuro che ci si arrivi solo in volo. 
Consiglio questo libro, è piccolo e leggero, per uscire dalla monotonia di un pomeriggio passato nella campagna del Kansas.
 
Curiosità: Il testo è liberamente accessibile in rete, per la lettura "Il Meraviglioso Mago di Oz" (pdf)

Buona lettura,
Daniele.

giovedì 24 aprile 2014

.Seta.

Eccezionalmente per questa volta appaio prima con una recensione per me insolita, cioè, non insolita, ma di un autore che non apprezzo molto. Parlo di Alessandro Baricco, senza nulla togliere a chi lo apprezza, non è proprio il mio genere di scrittore.
Quest'oggi parlerò un po' di "Seta"; pubblicato dalla casa editrice Rizzoli nel 1996, Seta è un romanzo, o meglio una storia di Alessandro Baricco.


Titolo: Seta     
Titolo originale: Seta
Autore: Alessandro Baricco
Prima pubblicazione: 1996

Trama: Narra del giovane commerciante di bachi da seta Hervè Joncour che lascia il suo paese Lavilledieu, nel meridione della Francia e la moglie Helene, per recarsi ben quattro volte in Giappone. Siamo nella seconda metà dell’ottocento e all’epoca questo paese era davvero considerato la fine del mondo. Lo scopo quello di acquistare minuscole uova di bachi da seta in quanto gli allevamenti europei prima e quelli del vicino Oriente poi, sono stati attaccati dalle epidemie e le uova sono ormai diventate inutilizzabili. Nel remoto Giappone conosce il potente Hara Kei da cui acquista le uova. È l’uomo per cui tutti, in quel paese, esistevano ed Hervè rimane affascinato in maniera irresistibile dalla giovanissima donna sdraiata accanto a lui, immobile, la testa appoggiata sul suo grembo, gli occhi chiusi, le braccia nascoste sotto l’ampio vestito rosso che si allargava tutt’intorno, come una fiamma, sulla stuoia color cenere. Lui le passava lentamente una mano nei capelli: sembrava accarezzasse il manto di un animale prezioso, e addormentato. Lei è orientale e sa parlare solo il giapponese, ma i due riescono a comunicare attraverso gli sguardi e il mistero che la avvolge in quel mondo lontano e a lui estraneo è magico e affascinante. La visione di quella donna diventa un sogno irrealizzabile; ogni viaggio lo lega sempre di più al paese del Sol Levante e ogni volta porta con sé piccoli particolari che come una calamita lo attraggono senza possibilità di sottrarsi. È la storia di un desiderio inappagato, di una illusione d’amore. Questa donna sconvolge la relazione coniugale di Hervè e il dolore lento della nostalgia per una vita che non potrà mai vivere trova ampio spazio nel suo cuore. Proprio questo sentimento porta un uomo come Hervè che ama assistere alla propria vita senza ambire a viverla davvero, ad affrontare situazioni pericolose, viaggi in luoghi improbabili e ancor più remoti.
 
Non è una storia amata da tutti e non potrebbe essere altrimenti. Qualcuno pensa che sia vuota e inutile, una storia che non trasmette o non dice nulla, ma io non sono d’accordo. Forse perché è la prima storia che abbia mai letto di Baricco, veramente non saprei dirlo, ma le passioni forti che mi ha trasmesso non le provo con molti libri; la voglia di continuare nella lettura per scoprire quello che viene dopo e dopo ancora. Finale commovente, quasi da lacrime.
A mio avviso non è un libro che vuole trasmette niente di particolare, vedendolo superficialmente veniamo messi di fronte ad un uomo che stanco della sua insulsa vita va dietro una nuova gonnella solamente perché è qualcosa di diverso dalla routine, ma è quello che sta dietro alla storia principale che mi ha entusiamata: quanto intensamente può amare una donna, quando una donna che ama il marito possa perdonare a quest'ultimo mille e mille tradimenti. 
Quindi l'ho preso come un libro che parla del coraggio di una donna, che di fronte ad una rivale non si è arresa e ha continuato a combattere e a coltivare quello che per lei era veramente importante.
Lo raccomando a coloro che vogliono leggersi un romanzo senza troppe pretese e senza le parolone che Baricco ama usare.

Curiosità: Da Seta, nel 2007, è stato tratto anche un film. 
Nel film, sotto la direzione di Francois Girard (“Il Violino Rosso”), vediamo la partecipazione di molti interpreti di fama mondiale tra cui Michael Pitt (“The Dreamers”, “The Village”), Keira Knightley (“Pirati dei Caraibi”, “Orgoglio e Pregiudizio”) e Alfred Molina (“Chocolat”, “Il Codice Da Vinci”). “Con Baricco l’accordo era di scegliere qualcuno che convincesse entrambi, che avrebbe interpretato questa storia in senso non hollywoodiano. In questo caso, anche se il cast è internazionale, lo spirito è europeo“ ha spiegato il produttore Domenico Procacci, fautore del progetto.
I volti dell’allevatore francese di bachi di seta Hervè Joncour e della moglie tradita sono quelli di Michael Pitt e di Keira Knightley (scelta non troppo azzeccata a mio parere , non apprezzo molto la "recitazione" della Knightley.), ma vi sono anche diversi attori italiani, come Carlo Cecchi e Toni Bertorelli.

domenica 20 aprile 2014

.Non Lasciarmi.

Ecco una recensione a cui tengo particolarmente: "Non lasciarmi "di Kazuo Ishiguro.


Titolo: Non Lasciarmi     
Titolo originale: Never Let Me Go
Autore: Kazuo Ishiguro
Prima pubblicazione: 2005
Prima pubblicazione (Italia): 2006
Casa Editrice: Einaudi
 
Trama: Kathy, Ruth e Tommy sono cresciuti in un collegio immerso nella campagna della provincia inglese. Sono stati educati amorevolmente, protetti dal mondo esterno e convinti di essere speciali. Ma qual è, di fatto, il motivo per cui sono lì? E cosa li aspetta oltre il muro del collegio? Solo molti anni più tardi, Kathy, ora una donna di trentun anni, si permette di cedere agli appelli della memoria. Quello che segue è la perturbante storia di come Kathy, Ruth e Tommy si avvicinino a poco a poco alla verità della loro infanzia apparentemente felice, e al futuro cui sono destinati. Un romanzo intenso e commovente dall'autore di "Quel che resta del giorno". 
 
Immaginate un'Inghilterra degli anni 80, immersa tra i verdi prati e le divise di un collegio. Tre giovani ragazzi, Kathy, Ruth ed infine Tommy, trascorrono le loro giornate tra le lezioni e le loro piccole discussioni adolescenziali. Tutto è calmo, controllato, placido. A scuotere il loro quieto vivere è l'arrivo di una nuova insegnante, che sembra non conformarsi esattamente alle ferree regole del collegio: non parla del futuro, è profondamente apatica verso i propri studenti e sembra costantemente immersa in uno stato di inquietudine. Ma questa è solo la prima piccola spinta che fa capire al lettore che quello non è un college come tutti gli altri. Si parla di continue, quasi estenuamente, gare artistiche e sulla profonda ascendenza che rivertono sugli studenti vincitori, di sesso sicuro e controllato, delle fattorie in cui un giorno non troppo lontano i ragazzi dovranno trasferirsi. Niente viene svelato direttamente, ma tanti piccoli segnali, sempre più chiari e incontestabili. E quello che alla fine sembrava solo un romanzo di fantascienza si presenta come una realtà futura non troppo impensabile in questo nostro mondo dominato dalla scienza e dalla ricerca. 

Ho avuto uno strano rapporto con questo romanzo (in senso positivo). Non sono un'amante della letteratura giapponese in generale. Non amo il loro stile e le loro trame sempre incongruenti. Ma poi ho scoperto che Ishiguro di giapponese ha solo i lineamenti e che ha trascorso tutta la vita in Inghilterra. E così ho deciso di dargli una possibilità, e detto fra noi, è stata una saggia decisione. 
"Non lasciarmi" è uno dei romanzi contemporanei migliori che abbia letto fino ad ora (il Times la pensa come me e lo ha premiato come miglior romanzo del 2005). La storia per quanto impensabile si trasforma in un futuro non troppo inverosimile per il genere umano, e Ishiguro descrive il tutto con una grande maestria. I personaggi, in particolare Kathy, la voce narrante del racconto, sono caratterizzati in modo equilibrato, come se le loro esistenze fossero effettivamente lo specchio della realtà che vuole imporre loro il collegio. Il finale è d'impatto, tragico e, passatemi il termine, più che adeguato a tutto il processo di formazione della storia. È una storia forte e cruda. Non abbiamo un finale da redenzione, ma nonostante questo non lascia l'amaro in bocca. 
Cosa ho imparato da questo libro? "La realtà ha sempre due facce".

Curiosità: Nel 2005, il Times premiò Non Lasciarmi come miglior romanzo dell'anno e in seguito lo inserì tra i migliori romanzi inglesi dal 1923 al 2005. 
Nel 2006 ha vinto il Premio letterario Merck Serono ed è stato finalista al Man Booker Prize. 
Nel 2010 il regista Mark Romanek ne ha tratto un (bellissimo) film con protagonisti Carey Mulligan (Kathy), Keira Knightley (Ruth) e Andrew Garfield (Tommy).

Sissa.

giovedì 10 aprile 2014

.Dracula.

Come prima recensione ho deciso di presentare uno dei miei classici preferiti, anzi uno dei primi libri che ho amato, sto parlando del Dracula di Bram Stoker. Pubblicato per la prima volta nel 1897, è considerato l'ultimo dei romanzi gotici.

Titolo: Dracula      
Titolo originale: Dracula
Autore: Bram Stoker
Prima pubblicazione: 1897
Prima pubblicazione (Italia): 1922

Trama: 3 Maggio 1890 è la data con cui l'avvocato inglese Jonathan Harker segna la pagina del suo diario di viaggio ed è qui che inizia la storia. Infatti il signor Harker si sta dirigendo per lavoro in un luogo assai inusuale, la Transilvania dove curerà l'acquisto di una proprietà a Londra effettuata dal nobile locale, il misterioso Conte Dracula. Questi si rivela un affabile anziano molto incuriosito dalla cultura londinese, ma col passare dei giorni e avvenimenti inquietanti il Conte mostrerà la sua vera natura: quella di un vampiro fermamente deciso a prolungare la sua esistenza maligna grazie al sangue delle sue vittime. Qui la narrazione di Jonathan s'interrompe e l'azione viene spostata a Londra dove Mina, fidanzata di Jonathan, sta scrivendo  sul suo diario gli ultimi avvenimenti nella tenuta di Whitby dove Lucy, sua amica, è corteggiata da molti gentiluomini: John Seward, direttore di un manicomio, dal texano Quincey P. Morris e da Lord Arthur Holmwood, col quale si fidanzerà. Oltre a questo lieto avvenimento Mina ci racconta di un fatto assai sconcertante che non fa che circolare su ogni giornale: una nave è attraccata al porto, ma tutto l'equipaggio è stato trovato senza vita. Questo fatto segna l'inizio di una serie di comportamenti strani da parte di Lucy, che mostra i sintomi di una sorta di strana anemia e di Renfield, un avvocato che è ricoverato nel manicomio di Seward e che ora parla con un fantomatico Padrone. Seward visitando Lucy e non trovando una soluzione al suo stato di salute che è in continuo peggioramento decide di consultarsi con un suo vecchio insegnante, il Professor Abraham Van Helsing. Il professore non appena vede lo stato di Lucy capisce che si tratta di un attacco di vampirismo e dunque cerca di proteggere la povera ragazza al meglio, ma Lucy purtroppo muore e diventa una vampira. Il professore, Seward, Lord Goldaming e Quincey si recano nella tomba della povera Lucy per porre fine alle sue sofferenze da non morto mentre Mina, dopo aver scoperto che Jonathan è riuscito miracolosamente a salvarsi e che è ricoverato a Budapest, raggiunge il suo amato per sposarlo. Van Helsing, ora, grazie al diario di Jonathan può finalmente conoscere il nemico che ha di fronte e insieme agli altri organizza un piano per uccidere il Conte. Sfortunatamente Dracula è un passo avanti a loro e non solo riesce a catturare Mina per vampirizzarla e farla sua sposa, ma uccide Renfield e sfugge ai nostri eroi diretto dove tutto è cominciato: in Transilvania. Qui, il 6 novembre 1897, si svolge la battaglia finale dove oltre a Dracula anche l'eroico texano Quincey Morris perde la vita.

Nonostante la classica storia del Bene che lotta contro il Male e la presenza di elementi "fantastici", il romanzo di Bram Stoker riesce a toccare innumerevoli temi che ritraggono la società in tutte le sue sfaccettature. Di fatto lo scenario dove si svolge la maggior parte della vicenda non è il luogo lontano, pieno di superstizione e ignoranza, laTransilvania, ma la Londra dell'epoca vittoriana. La narrazione non è basata su narratori inesistenti ma sulla cronaca spicciola e le vicende quotidiane (come l'aggiornare il proprio diario o compilare un rapporto). Con questo metodo Stoker si esenta dal dare sentenze, non essendo effettivamente presente come narratore, lasciando così ai suoi personaggi il compito d'interrogarsi sulla veridicità di ciò che gli sta accadendo e dimostrando così la loro inesperienza in materia. Di fatto più di una volta i nostri eroi sono attratti dal potere di Dracula. In effetti se i nostri razionali eroi avessero ceduto alla tentazione di essere come il Conte,  non sarebbero più dovuti sottostare alla realtà e avrebbero potuto seguire i loro impulsi senza dover dare spigazione alcuna.  Ed è qui che entra in scena il professor Van Helsing che ammonisce i giovani mettendoli in guardia sulla pericolosità dell'essere troppo liberi.
Come dicevo all'inizio questo è uno dei primi libri che ho veramente amato e non per il fatto che ci sia un vampiro o per il lieto fine, che comunque gradisco, ma perché è il chiaro esempio di come la realtà non possa esistere senza un pizzico di follia e che quest'ultima, se lasciata libera, può essere fuorviante e talvolta pericolosa, ma all'occorrenza può esserci utile per i risolvere i problemi che non riusciamo a risolvere razionalmente. Certo ho adorato il Conte che nonostante la distanza con il mondo reale iniziale sa bene quali sono i peggiori amici dell'uomo che nei secoli perdurano (vanità, lussuria, potere, desiderio o meglio bramosia) che lui stesso usa per far leva sia su Renfield che infatti viene schiavizzato e poi su Jonathan, Lucy e Mina. Lo consiglio caldamente a coloro che vogliono immergersi nel mondo oscuro della mente umana, su chi vuole riflettere sulla società in cui vive con l'aiuto di un punto di vista diverso o per gli amanti delle lettere dal momento che è una sorta di romanzo epistolare.

Curiosità: È il romanzo che vanta il maggior numero di riproduzioni cinematografiche tra cui ricordiamo la prima del 1922 "Nosferatu il vampiro" di Friedrich Wilhelm Murnau;
1931: "Dracula" diretto da Tom Browning con Bela Lugosi (celeberrimo interprete di Dracula) ed Edward Van Sloan (Van Helsing), questo è il primo Dracula prodotto dalla Universal Studios;
1958: "Dracula il vampiro" prodotto dalla Hammer Film Productions interpretato da Christopher Lee nel ruolo del Conte e Peter Cushing in quello del Professor Van Helsing;
1974: "Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!!" prodotto da Andy Warhol e diretto da Paul Morrissey, interpretato da Udo Kier;
1992: "Bram Stoker's Dracula" prodotto e diretto da Francis Ford Coppola con Gary Oldman, Keanu Reeves e Anthony Hopkins;
1995: "Dracula morto e contento" Mel Brooks dirige una geniale parodia con Leslie Nielsen che interpreta il Conte .
2004: "Van Helsing" nonostante non sia il protagonista assoluto qui è degno di nota l'attore che interpreta Dracula, Richard Roxburgh che si scontrerà con un giovane Van Helsing, Hugh Jackman,  che viene ritratto come cacciatore di mostri al servizio del Vaticano e non come il classico professore.

Vitto.

giovedì 3 aprile 2014

.La fattoria degli animali.


La mia prima proposta è un libro che mi ha colpito a distanza di anni dalla mia prima lettura, è La fattoria degli animali di George Orwell, si tratta di un piccolo romanzo allegorico, pubblicato per la prima volta nel 1945, sviluppato nel corso della guerra civile spagnola, combattuta da Orwell stesso.


Titolo: La fattoria degli animali
Titolo originale: Animal Farm
Autore: George Orwell
Prima pubblicazione: 1945
Prima pubblicazione (Italia): 1947

Trama: La storia narra di come gli animali si ribellano al signor Jones, il contadino della Fattoria Patronale.
Tutto scaturisce dal sogno del Vecchio Maggiore, un saggio e vecchio verro, che sogna un mondo migliore in cui gli animali non subiranno più i soprusi degli uomini, in breve fa capire che sono gli uomini gli unici e veri nemici degli animali, come sintetizzerà poi alle pecore (ritenute le più stupide fra gli animali) “quattro gambe buono, due gambe cattivo”.
Gli animali finalmente liberi ribattezzeranno la fattoria in “Fattoria degli Animali”; ma ben presto il mondo utopistico basato sulla libertà e l’uguaglianza di tutti gli animali verrà meno, si formerà così una classe dirigente, subdola, astuta ed egoista, quella dei maiali, capeggiati, dopo una serie di vicissitudini, da un grosso maiale: Napoleon.
Il capo è intenzionato ad eliminare tutti coloro che andranno contro al suo regime, grazie alle milizie di cui si è circondato, i cani. Persino chi gli è stato più vicino, come il cavallo Gondrano, suo grande sostenitore, verrà mandato al macello perché non più utile agli scopi di Napoleon, in quanto ormai vecchio e malato.
Ogni cosa torna come prima, un capo che comanda e dei sudditi che obbediscono.
Tutto ciò per cui gli animali avevano lottato adesso se lo ritrovano lì davanti a loro, a comandarli, ma non sono più i vecchi padroni, no, ancor peggio, saranno coloro che avrebbero dovuto essere diversi, migliori e che invece sono uguali.


Il romanzo non è altro che un’allegoria del totalitarismo sovietico, ripercorrerà infatti tutte le vicende che hanno portato alla presa di potere di Stalin, mostrandoci così tutte le contraddizioni dell’URSS grazie ad un forte uso della satira; se vogliamo esso può anche essere visto, a mio avviso, come un monito per le generazioni future, assume infatti in sé caratteri universali, diventando moderno e valido per tutte le generazioni future.
Dato che si tratta di un romanzo allegorico, ogni personaggio ed evento avrà un rimando storico. Ci saranno dunque riferimenti a persone reali: il Vecchio Maggiore è la personificazione di Lenin, Napoleon quella di Stalin, Palla di Neve quella di Trotsky e infine il Signor Jones lo zar Nicola II. Ci saranno poi riferimenti a gruppi sociali: Gontrano, il cavallo, può essere visto come l’instancabile lavoratore sovietico, come dimostrano anche i due motti che ripete in continuazione nel corso del romanzo “Lavorerò di più.” e “Napoleon ha sempre ragione.”; Gontrano è colui che viene sfruttato dal regime e che non riesce a capire quanto esso sia corrotto. Mentre i cani e le pecore sono la massa, le menti manovrabili, guidate dalla propaganda, sono proprio loro a tenere in piedi il mondo che si è venuto a creare.
E poi c’è lei, il cardine di ogni ideologia dittatoriale, quella caratteristica di cui un regime non può fare a meno per sopravvivere, la propaganda, incarnata da Clarinetto, uno dei maiali, ovviamente perché sono loro ad essere considerati come i più intelligenti.
Persino la bandiera degli animali è un chiaro rimando alla bandiera sovietica con la falce ed il martello.
Per quanto riguarda invece gli eventi, la cacciata degli uomini si riferisce alla Rivoluzione di Ottobre e la vendita del legname a Frederick non è altro che il Patto Molotov-Ribbentrop.

La bellezza di questo romanzo consiste proprio nella sua peculiarità, ossia quella di trattare un tema politico non semplicemente come un romanzo storico, ma bensì come una favola, e come ogni favola che si rispetti i protagonisti sono gli animali.
Lo sviluppo della storia è caratterizzato da un elemento fondante, la propaganda. Durante la storia gli eventi vengono riscritti, gli animali educati dal sistema che mano a mano si sta delineando, la battaglie diventano più cruenti di quanto in realtà non lo siano state, persino le leggi vengono modificate, dei Sette Comandamenti solo uno rimarrà, stravolgendone però il significato: adesso non c’è più uguaglianza “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.
Il cambiamento delle regole e della storia grazie all’uso della propaganda sarà il filo conduttore dell’opera ed è questo che ci porterà al finale, un finale degno di Orwell.
Dato che il libro prende spunto dalla realtà, esso non sarà dei più rosei, è un finale che ci lascia il segno, che ci turba, che ci fa riflettere (che in fondo è lo scopo di ogni buona favola), è emblematico, abbiamo il capovolgimento della situazione, i maiali durante una cena con gli uomini si stanno lentamente tramutano in essi, diventano proprio coloro che odiavano di più, contro cui avevano combattuto fin dall’inizio, adesso sono la stessa cosa…

“Le creature da fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due.”

Proprio il tratto contrassegnante della storia mi ha colpito particolarmente, ossia il tema della favola.
La prima volta che lessi il libro avevo solo dodici anni e davanti ai miei occhi non era altro che un’avventura in cui gli animali cercavano di liberarsi dall’oppressione degli uomini, ma adesso so che non è così, almeno non è solo così. Ed è qui che magicamente il meccanismo della favola ha inizio, le parole e i significati non hanno più lo stesso significato a distanza di anni, e se è vero che ogni sensazione data da un libro varia a seconda di quando lo leggiamo, qui questo principio diventa più vero che mai.
Sono contenta quindi di aver vissuto in prima persona questo straordinario meccanismo della favola, anche se all’epoca mi sembrò solo una perdita di tempo dato che era per la scuola ed anche perché ero troppo piccola per coglierlo nella sua totalità.
Consiglio quindi caldamente questa lettura, è piacevole e scorrevole, niente di troppo impegnativo e per chi odia i malloppi di 500 pagine questo romanzo fa al caso suo, dato che si tratta di un libro di neanche 120 pagine.

Curiosità: Dal romanzo sono stati tratti due adattamenti cinematografici, il primo La fattoria degli animali (Animal Farm) del 1954 è un film d’animazione inglese, che però si diversifica per alcuni elementi, il più lampante è la mancanza di alcuni personaggi, ma soprattutto si diversifica nel finale; qui non abbiamo il finale tragico, pessimistico, gli animali capiscono, hanno preso coscienza della loro situazione e decidono di ribellarsi al nuovo ceto dirigente.
Il secondo, La fattoria degli animali (Animal Farm), è un film TV britannico del 1999 diretto da John Stephenson, nel cui cast figurano: Julia Ormond, Patrick Stewart, Ian Holm, Kelsey Grammer, Pete Postlethwaite e Peter Ustinov. Di cui però non so dirvi molto dato che purtroppo non ho avuto modo di vederlo.

Nika